Come più volte anticipato, a seguito della riforma del fallimento, i nostri clienti non si accontenteranno di una più o meno semplice diagnosi dello stato di salute della propria impresa. Al contrario con molta probabilità una volta appurata la condizione magari critica, certamente vorranno capire come si svolgerà l’intervento volto a rientrare dall’eventuale condizione di urgenza (leggi sforamento degli alert). Serviranno le soluzioni oltre che le classiche analisi, perché consolidare il debito e/o comunque l’agire solo sotto l’aspetto finanziario non è una soluzione ma al più un palliativo se somministrato da solo. Queste considerazioni sono certo siano condivise un po’da tutti. Ignorare l’aspetto produttivo lì dove la ricchezza si forma, è l’errore più grande che si possa commettere perché se è vero che la crisi si evidenzia con la mancanza di flussi finanziari volti al soddisfacimento degli impegni futuri, altrettanto vero è che i flussi vengono a mancare quando la ricchezza non si crea ma si distrugge e tutto si crea o si distrugge lì dove nasce il prodotto (o il servizio).
In merito alle soluzioni destinate a trovare (o ritrovare) la redditività perduta, voglio portare un semplice esempio di come le dispersioni a volte siano tanto evidenti da essere paradossalmente ignorate. Nel dettaglio: sono stato chiamato qualche anno fa da un’azienda che gestisce una discarica per fornire alcuni suggerimenti. L’azienda in questione raccoglie i rifiuti in raccolta differenziata di buona parte dell’alto Abruzzo. Ho dedicato una giornata ad analizzare il flusso produttivo e a mapparlo. Riporto sotto il costo di lavorazione (simulazione a titolo didattico) di un quintale di plastica riciclata e trattata nell’impianto
Dalla distinta base si evince come il costo sia quasi esclusivamente caratterizzato dalla voce legata alla manodopera diretta (mod) e alla voce d’ammortamento dei macchinari (in via residuale dal costo energetico). E’ lapalissiano che bisogna agire su di una o meglio ancora su entrambe queste variabili se si vogliono ottenere risultati tangibili.
Ciò che ha rapito la mia attenzione è l’inizio del processo produttivo. La prima semplice fase lavorativa vede i camion scaricare i rifiuti in un piazzale posto all’imbocco del nastro trasportatore. I rifiuti vengono accantonati da un operatore che movimenta una ruspa. Il grosso mucchio di rifiuti permette ad un secondo operatore, dotato di gru, di caricare i rifiuti sul nastro trasportatore posto a circa 3 metri di altezza che a sua volta li sposta verso la seconda fase, cioè quella della prima cernita manuale. In assenza di foto, riporto la prima fase su di un semplice schizzo
Giunti a questo punto invito tutti i lettori ad osservare bene questa immagine. Per il momento non ho intenzione di andare oltre, ma vi lascio con questa considerazione: è evidente all’interno di questo primo centro di lavoro una vera e propria oscenità (disegno a parte:)). Lascio al lettore qualora avesse voglia, di indicarmi nei commenti cosa c’è che non va (o viceversa cosa potrebbe essere migliorato). Fra una settimana pubblicherò la seconda parte di questo semplice articolo svelando la potenziale soluzione all’enigma.
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