Eccomi qui a riscrivere un articolo, dopo diverso tempo, in merito alla grandissima opportunità che si sta creando in seno alla riforma della crisi d’impresa e, in particolar modo, facendo riferimento all’istituto della composizione negoziata della crisi d’impresa.
Immagino un po’ tutti voi abbiate letto con grande attenzione il documento allegato uscito nei primi giorni di ottobre recante “le istruzioni d’uso” dell’istituto di cui sopra. Di mio voglio analizzare alcuni aspetti che mi hanno colpito e voglio provare a delineare un trait d’union fra ciò che è richiesto (piano finanziario e industriale) e ciò che potrebbe essere un continuo con l’erogazione di un nuovo servizio, il controllo di gestione appunto.
È facile immaginare che, alla fine in fondo, ci sia da buttare giù un business plan a 3/5 anni con numeri frutto sì di ipotetici piani industriali da implementare per salvare l’azienda, ma in realtà i cui effetti sono completamente avulsi dalle iniziative industriali stesse. Mi spiego meglio portandovi l’esempio di un mio cliente operante nel settore tipografico accadutomi anni fa:
Acquisto di un macchinario denominato 70×100 costato all’azienda circa un milione di euro (fatturato 800.000 euro annui. Bello sforzo finanziario!) Detto macchinario però sostituiva da solo, e con un solo uomo, un’intera isola di lavoro formata da 4 macchinari e 3 persone impiegate e portando i tempi di lavorazione addirittura al 20% di quelli che avevamo registrato con l’isola oramai dismessa.
Bene, la domanda che vi pongo è: se questa fosse una potenziale strategia industriale che un’ipotetica tipografia sperduta nello stivale dovesse presentare in fase di elaborazione piano, come l’andreste a coniugare con il piano finanziario?
La risposta è semplice, ma prima di arrivarci vorrei sottolineare ciò che recita la sezione II del documento allegato al decreto dirigenziale, punto 4 “stima dei flussi finanziari” alla voce 4.1.5
stima degli effetti delle iniziative industriali che si intendono intraprendere in discontinuità rispetto al passato
appunto è necessario che gli effetti delle iniziative industriali vengano coerentemente riportati sul piano finanziario, magari analizzando anche diversi scenari. Passo quindi alla risposta del quesito di prima
abbiamo dovuto rifare ex novo tutte le distinte base di quelle famiglie (e da sole corrispondevano circa al 60% del fatturato dei codici prodotto venduti) interessate dal nuovo macchinario 70×100. Ciò si è tradotto in tempi ciclo (uomo macchina) completamente differenti (fortemente ridotti) e quindi un costo di trasformazione totalmente stravolto. Il nuovo costo di trasformazione di ogni referenza coinvolta, moltiplicato per il numero di referenze a budget, ci fornisce il budget della produzione e da qui a cascata tutti gli effetti finanziari in coerenza questa volta con le strategie da adottare (ometto per semplicità l’investimento nel nuovo macchinario e la ricerca delle fonti per finanziarsi).
Ecco allora trovato il collegamento fra “iniziative industriali” e piano finanziario!
Aggiungo però un altro aspetto: l’azienda cliente ha visto ridursi da un lato il costo di trasformazione, ma è rimasta intrappolata in un effetto “indesiderato” e poco valutato. Il macchinario essendo velocissimo, per essere saturo avrebbe richiesto un incremento di commesse pari al quintuplo di quelle normalmente presenti in azienda per quella che era l’isola dismessa. Ahimè le migliori previsioni di vendita dell’imprenditore sono state per la quasi totalità disattese, in quanto non ha valutato un oramai progressivo ma incessante passaggio dalla stampa off set a quella digitale. Risultato: la macchina 70×100 è rimasta ampiamente sottosatura generando un effetto “collaterale” che ha impattato in fortissima misura sulle distinte: l’incremento del costo orario di ammortamento del macchinario in distinta base. È forse il caso di valutare anche scenari differenti? Certamente, magari realizzando più distinte base per gli stessi prodotti che vadano a comprendere differenti soglie di utilizzo del macchinario e quindi a cascata differenti costi, differenti budget e differenti piani finanziari.
Risulta chiaro come ci sia un saldo legame fra le distinte base (contabilità industriale) e la programmazione economico finanziaria che certamente non può essere bypassata con numeri che, in difetto della prima, non possono che essere messi a casaccio. La presenza poi della contabilità industriale permette al professionista di trasformare il piano finanziario industriale, in seno alla composizione negoziata della crisi d’impresa, da semplice analisi fine a sé stessa in preludio di un valido, costante e proficuo sistema di controllo di gestione, da portare avanti nel tempo con quell’imprenditore che a seguire certamente non si sottrarrà più all’obbligo del 2086 cc.
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