E’ bene misurare, forse meno bene stare “solo” a misurare. Ogni tanto con la mente ripercorro i miei ultimi 15 anni da controller passati in piccole e micro imprese, spesso deriso da molti altri professionisti che mi vedevano “arrancare” con cronometro e tavolozza lungo le linee di produzione. In particolare e con grande affetto ricordo le mie paia di scarpe…si, avete capito bene, le mie scarpe e di ciò che poi ne è stato:
- Scarpe impolverate che da nere diventavano bianche. Cava di marmi a poco meno di 100 mt di profondità, con temperature che già nel mese di maggio sfioravano i 38°. Giù a mappare il ciclo di produzione che vedeva il blocco di marmo diventare successivamente lastra.
- Scarpe che da blu diventavano verdi. Industria chimica che produceva fertilizzanti. Aria in alcuni momenti irrespirabile ma va beh, bisognava mappare…
- Scarpe che da antiscivolo diventavano scivolosissime a causa dei microtrucioli di ferro che si ficcavano nelle suole. Officina meccanica e serate passate ad estrarre i trucioli dalle suole con pinza e cacciavite.
- Scarpe che da fresche e comode diventavano una pozzanghera itinerante. Industria casearia, se non ti procuravi un bel paio di stivali, tra acqua e siero le calzature ti duravano una giornata.
- Scarpe che da profumate diventavano una fogna a cielo aperto. Discarica e smaltimento rifiuti. Provate a fare una passeggiata dove si stocca l’organico (magari con le calde giornate estive) e capirete.
- Scarpe che da pulite e sistemate diventavano due neri blocchi di fango. Controllo di gestione di impresa agricola da 800 ettari di terreno. Ahimè il il periodo dedicato alla mappatura dei processi coincideva con i mesi autunnali, forieri di precipitazioni (sul “campo”, è proprio il caso di dirlo, bisognava starci).
Potrei continuare ancora a raccontarvi di quante paia di calzature ho dovuto consumare, ma chiaramente non sto qui a parlare esclusivamente di suole e scarpe.
Arrivando al dunque. E’ importante per il vostro cliente, tra le altre cose, la costante misurazione:
- degli indici che porteranno agli alert?
- della probabilità di default?
- dell’equilibrio economico finanziario?
La mia risposta è assolutamente affermativa, d’altronde è la legge che lo richiede. La domanda però che mi sorge ancora più spontanea è:
“Quante paia di scarpe si metteranno nel conto da presentare al cliente per il proprio servizio?”
Se la risposta è zero, credo che qualcosa nel sistema di controllo che si andrà ad improntare probabilmente non funzionerà a dovere. Il piccolo cliente presenta quasi certamente una serie di problematiche di più o meno facile misurazione. Si tratterà di una misurazione che dovrà essere effettuata con grande attenzione, evitando di incappare in condizioni che la letteratura dedicata definisce “falsi positivi o falsi negativi”. Da qui la certa bravura dell’analista che dovrà districarsi in poste di bilancio idonee, valori prospettici e tutto ciò che riguarda la necessaria stesura di una vitale diagnosi da condividere con il piccolo cliente.
C’è però un secondo quesito che mi viene in mente ed è questo: “C’è vita oltre la diagnosi?” questa è la domanda che ogni commercialista dovrebbe porsi, perché stiamone certi, se non se la pone l’ ”addetto ai lavori”, la porrà il cliente stesso. Allora cosa si risponderà? Cosa dovremo suggerire al nostro cliente? Di aspettare altri tre mesi per leggere il futuro nelle trame di un’ulteriore diagnosi? Beh, non vedo di mio per quale motivo le cose dovrebbero cambiare se il “carrozzone” procede sempre e comunque allo stesso modo.
La continuità aziendale sarebbe garantita da un “assetto organizzativo adeguato”, ma quando un assetto organizzativo si può considerare adeguato?
La mia interpretazione (personalissima e opinabilissima) è questa:
“quando il piccolo imprenditore presenta una sufficiente percezione e conoscenza dei flussi informativi e produttivi della propria impresa, per piccola che sia.”
Mi sento abbastanza serafico nell’affermare che non ci sarà adeguatezza finquando:
- Non si conosce il costo di trasformazione dei propri prodotti (o erogazione dei propri servizi);
- Non si conosce il margine di contribuzione dei propri prodotti a listino;
- Non si è in grado di programmare la produzione futura;
- Non si è in grado di analizzare i problemi e risalirne le cause;
- Non si è in grado di programmare le entrate e le uscite monetarie;
- Non si è in grado di definire un semplice budget partendo dai costi standard;
- E via via molto altro ancora…
Finché non ci sarà percezione un filino più scientifica del funzionamento della propria impresa, non ci sarà adeguatezza e, se non ci sarà adeguatezza, le sole misurazioni rimarranno il più delle volte fini a sé stesse.
La riforma della CCII detta un passo epocale. Tutti abbiamo imparato a memoria quanto richiesto dal 2086 c.c. in merito alla presenza di “assetti organizzativi adeguati” finalizzati al mantenimento della continuità aziendale. Quest’ultima sarà il frutto di un’attenta gestione che, a sua volta, non può che essere garantita da un’altrettanto puntuale sistema di Controllo di Gestione.
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