Tempo fa ho pubblicato due articoli che trattavano della logica lean e di quanto importante potesse essere il suo contributo in termini di ottimizzazione del costo di trasformazione. In dettaglio i semplici articoli hanno preso a riferimento, nel primo caso, la velocizzazione del processo produttivo (l’esempio riguardava un impianto di imbottigliamento che da 300 pezzi passava a 1.800), nel secondo caso la riduzione dei tempi di trasferimento dei semilavorati da un reparto ad un altro (chi volesse, trova i due articoli sul mio profilo linkedin oppure nel gruppo “controllo di gestione commercialisti e consulenti scendendo in basso nella pagina).
Con questo terzo (e davvero semplicissimo) articolo, porto a riferimento il caso di una piccola officina metalmeccanica e del miglioramento che è stato ottenuto intervenendo sugli sprechi di materia prima. L’azienda in questione realizza martinetti (pistoni idraulici). Acquista cilindri d’acciaio di diversi diametri e realizza il tubolare del martinetto stesso.
Semplificando, il tubolare del martinetto è di due lunghezze: uno di 1,2 metri e l’altro di 1,3 metri. Il fornitore fornisce il cilindro d’acciaio di una lunghezza fissa pari a 3 metri per quel particolare diametro. È abbastanza chiaro che, con 3 metri di tubolare fornito, l’aziendina presa in questione può sviluppare uno scarto, a seconda dei pezzi da tagliare, pari a:
- 0,5 metri (nel caso in cui tagli un cilindro da 1,2 e uno da 1,3 metri)
- 0,6 metri (nel caso in cui tagli due cilindri da 1,2 metri)
- 0,4 metri (nel caso in cui tagli due cilindri da 1,3 metri)
Che fine fa lo spezzone che rimane? Fino a non molto tempo fa veniva stoccato in un piccolo magazzino posto alle spalle del capannone e poi smaltito. Si è deciso di intervenire per evitare che fosse generato quello scarto. Inizialmente le strade da battere sono state le seguenti:
1) Chiedere al fornitore un cilindro di dimensioni più piccole;
2) Rivedere il progetto del martinetto, cercando di creare misure sottomultiple del cilindro originariamente fornito.
Nel primo caso si sarebbero ridotti gli scarti (magari ottenendo una fornitura pari ad un cilindro non più lungo di 2,6 metri), tuttavia questa opzione è risultata non praticabile vista l’indisponibilità del fornitore di dotarsi di tagli personalizzati. Il secondo punto invece ha trovato non poche difficoltà progettuali nell’allungamento dei martinetti, visto che sono quest’ultimi componenti di altre attrezzature in alcuni casi realizzate internamente, in altri venduti a clienti che realizzano i propri prodotti finiti in funzione delle misure progettuali originarie dei pistoni idraulici in oggetto.
La soluzione è venuta da sé e, a dire il vero, anche un bel po’ banale. Ci si è dotati di una sega aggiuntiva e gli spezzoni un tempo materiale di scarto, sono diventati boccole con lunghezze variabili dai 6 agli 8 centimetri e che fino a quel momento venivano (a fronte di una piccola modifica progettuale) acquistate all’esterno. Il costo d’acquisto medio di una singola boccola era di € 17,89. Il costo della realizzazione della stessa in house è di 13,57 € come si evince dallo screen shot del software bussolastar utilizzato
Sicuramente è stato da preferire il “make” al “buy”.
Ora, la domanda che sorge spontanea è: quante volte c’ha “guadagnato” l’officina con questo piccolo accorgimento? Proviamo a contarle:
1) Ha evitato di continuare a perdere migliaia di euro di materiale acquistato e poi buttato via. Difatti posto uno scarto medio di 0,5 mt su 3 mt acquistati, il 17% del cilindro era appunto smaltito come rifiuto. Su circa 120.000 euro di acquisti in tubolari d’acciaio, si sono recuperati oltre 20.000 €;
2) Ha evitato il costo dello smaltimento di materiale ferroso con tutte le dispersioni di tempo annesse alla sua gestione. Il costo dello smaltimento è stimabile in circa 1.500 euro l’anno;
3) Ha recuperato 4,32 € di costo in distinta base. Considerato l’acquisto precedente di circa 2.500 boccole, si è avuto un risparmio pari a 10.000 €.
Tutto ciò interpreta il miglioramento nell’ottimizzazione di costi che ogni struttura imprenditoriale dovrebbe inseguire. Mi azzarderei a dire: giornalmente! Nella semplicità poi risiede l’occasione di mettere un freno agli sprechi e contestualmente di migliorare i margini.
Ora, non mi stancherò di ripetere che certe accortezze NON sono di competenza di un commercialista o di un consulente. Il professionista può limitarsi alla realizzazione della distinta base e questo è già un grande vantaggio ottenuto per sé e per il cliente seguito. Ciò su cui continuo a porre l’accento riguarda il fatto che il controllo di gestione necessita della conoscenza della fase di trasformazione (se beni) o erogazione (se servizi) propri dell’azienda seguita. Basta poi un po’ di buon senso ed il giusto colpo d’occhio per trovare una valida soluzione a problemi a volte macroscopici. L’importante è iniziare con la misurazione della produzione in termini di costo, tramite l’analisi tempi e l’analisi delle quantità di materia prima che intervengono nel ciclo produttivo (contabilità industriale), il resto è un di più e vi assicuro viene da sè.
Di converso analisi di bilancio, per quanto complete ed articolate, piuttosto che budget economici per quanto dettagliati siano, non saranno sufficienti a garantire la gestione di pre crisi che la riforma del fallimento ha sancito nel codice civile. Tensioni di liquidità, se vedono la propria cura solo nella gestione finanziaria, si ripresenteranno certamente dopo breve termine proprio perché l’azienda probabilmente non genera i giusti margini sui prodotti/servizi tali da coprire adeguatamente tutti i costi d’esercizio. È il solito cane che si morde la coda, piuttosto che il colabrodo dentro il quale si versa dell’acqua (liquidità) che puntualmente viene persa a seguito di una gestione economico/reddituale insoddisfacente.
Il vostro cliente quindi, dopo le indispensabili diagnosi, certamente vi chiederà le soluzioni finalizzate a contenere i costi e a tenere lontani gli alert!
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