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CONTROLLO DI GESTIONE: perché preferire macchinari piccoli a macchinari grandi

L’ottimizzazione dei flussi produttivi è una delle peculiarità di ogni professionista che voglia vestire i panni del controller. Nel 99% dei casi ci si ritrova a dover migliorare flussi già ben strutturati e presenti, nelle proprie modalità, da anni. Tuttavia l’ottimizzazione dei processi, laddove sia possibile, andrebbe progettata contestualmente all’industrializzazione del prodotto da immettere sul mercato. Sarebbe quindi un grave errore mettere a terra ad esempio una nuova linea, per poi accorgersi che la stessa poteva essere disposta (o costituita da differenti macchinari) diversamente. 

In genere quando si implementa un processo produttivo si tende a preferire un’unica macchina, magari molto grande, che sia però tutto fare. Tutto fare nel senso che possa occuparsi di più tipologie di lavorazione, ad esempio riuscendo ad essere impiegata per differenti famiglie di prodotti. Questo ragionamento, se considerato in termini di flessibilità, è assolutamente sbagliato. Con un esempio provo a spiegare quanto da me detto (immagine sotto)

 

Nell’esempio sopra osserviamo una cella produttiva con due stazioni. Ognuna di esse impiega un operatore dedicato alla singola stazione. Il tempo di lavorazione è di 60 secondi per stazione. Il takt time (tempo di uscita di ogni prodotto così come richiesto dal mercato) è sempre di 60 secondi. Messa così la cosa non farebbe una grinza. In apparenza infatti potrebbe essere il layout corretto di qualsiasi cella produttiva che deve garantire l’uscita di un prodotto ogni 60 secondi. Cosa succede però se il takt time si abbassasse a 40 secondi? O a 20 secondi? Beh, l’unica soluzione praticabile sarebbe la duplicazione della cella, con tutti i tempi necessari e i nuovi investimenti annessi.

La soluzione invece è progettare sin dall’inizio una cella che contempli al proprio interno macchinari più piccoli, a ognuno dei quali è demandata una parte del lavoro che altrimenti sarebbe portata avanti dal singolo grande macchinario visto nella figura precedente. Tutto ciò renderebbe flessibile la cella semplicemente spostando gli operatori nel numero necessario (figura sotto)

 

In questo secondo caso il contenuto del lavoro è sempre lo stesso, solo si hanno a disposizione blocchi di costruzione più piccoli da mescolare e abbinare. L’unica variabile è rappresentata dagli operatori e non è necessario alcun investimento aggiuntivo. 

La ricerca dell’efficienza produttiva passa per questo genere di analisi. Un flusso produttivo più efficiente è chiaramente più economico. Ciò si traduce in maggiori flussi di cassa e in una maggiore garanzia della continuità aziendale così come richiesto dall’art. 2086 c.c. comma b “adeguati assetti organizzativi”. Noi ci rendiamo disponibili verso i professionisti tramite una nuova frontiera della formazione, per saperne di più clicca qui.

 

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