Vai al contenuto

IL CONTROLLO DI GESTIONE EFFICACE: il commercialista alla ricerca della flessibilità produttiva quale requisito di successo

Come ampiamente anticipato nei miei precedenti articoli, la continuità aziendale la si garantisce principalmente con costanti interventi tesi all’ottimizzazione delle risorse produttive. Il commercialista che vuole vestire i panni del controller, non può ignorare certe dinamiche perché solo all’interno di esse è possibile imboccare la strada dell’efficienza (percorso infinito tra l’altro), finalizzando la propria azione al miglioramento dei margini, alla contestuale creazione della ricchezza e quindi al miglioramento dei flussi monetari. La capacità di essere flessibili dal punto di vista produttivo è uno degli aspetti salienti nella ricerca dell’efficienza. Agli inizi del secolo scorso si producevano pochi codici in grandissime tirature, Ford ne è stato un esempio con la famosa Ford T. Toyota invece insegna come la prerogativa assoluta della flessibilità risiede nella capacità di produrre tanti codici in piccole quantità. Facciamo un esempio

Nei processi produttivi tradizionali, l’idea è quella di produrre la quantità più alta possibile dei vari codici, nella convinzione che una grande tiratura vada ad ottimizzare i costi di setup dei macchinari (più produco e più li abbatto). In parte ciò è vero, però questo modo di produrre crea tutta una serie di scompensi, fra i quali:

– Montagne di semilavorati che andranno chiaramente stoccati da qualche parte

– Rigidità nella capacità di adeguarsi alle repentine variazioni della domanda

– Immobilizzazione di capitali (enormi magazzini) con rischio di slow moving e obsolescenza

L’idea corretta, seppur in primo acchito può sembrare molto controintuitiva, è quella di produrre piccoli lotti con un elevata frequenza (immagine sotto)

 

Il commercialista che vuole provare a dire la sua in merito, consigliando appunto di ridurre i lotti di produzione al fine di rendere l’azienda più flessibile nella risposta al mercato e meno immobilizzata dal punto di vista dei capitali (buffer interoperazionali), deve quale primo passo da praticare tracciare quelli che sono i tempi di setup (o change over o attrezzaggio che dir si voglia) dei macchinari. Una volta ottenuta l’evidenza degli stessi, bisogna eventualmente intervenire nella riduzione dei tempi che li caratterizzano. Mi spiego meglio con un esempio: se un’azienda presenta un tempo di setup di 3 ore, risulterà certamente difficile effettuare frequenti cambi di produzione, appunto perché non si può pensare di attendere 3 ore per effettuare una produzione che poi, ad esempio, durerà 20 minuti. Sarebbe una soluzione impraticabile. L’intervento si concentrerà nei tempi di setup, esemplificando portandoli ad un’ora e poi decidere cosa fare delle due ore residue. L’idea è quella non di dedicare quelle due ore aggiuntive alla produzione (altrimenti non avremmo risolto nulla) ma eventualmente destinarle a più setup e quindi a maggiore frequenza nel cambio di produzione e/o comunque a trovare un corretto bilanciamento tra frequenza di set up e dimensione dei lotti.

La ricerca dell’efficienza è sinonimo di aumento della liquidità in quanto aumenta la produttività. La liquidità oggi è un fattore cruciale ma se ci si ostina a volerne curare la mancanza semplicemente rimodulando le posizioni debitorie, si arriverà prima o poi al dissesto. È quindi necessario cominciare seriamente ad interessarsi degli aspetti produttivi. Noi ci rendiamo disponibili verso i professionisti tramite una nuova frontiera della formazione, per saperne di più clicca qui.

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito è protetto da reCAPTCHA, ed è soggetto alla Privacy Policy e ai Termini di utilizzo di Google.

SCARICA IL NOSTRO EBOOK GRATUITO!

L’ebook gratuito sul controllo di gestione. Prelevalo ora gratuitamente, riempi i moduli sotto.

Open chat
Apri chat
Ciao
Come posso esserti utile?