Qualche tempo fa ho parlato dei processi e di come gli stessi debbano essere tenuti sotto controllo. Per poter parlare di corretto controllo degli stessi è fondamentale ridurre al minimo i pezzi non conformi semplicemente perché un pezzo non conforme rappresenta un danno in termini di costi di trasformazione persi (materia, manodopera, energia impiegata ecc.), di costi di gestione successivi (qualora il prodotto arrivi al cliente finale, quindi gestione reclamo, sostituzione ecc.) e, forse l’aspetto più importante, il danno di immagine che ne consegue.
La principale nemica della qualità è la variabilità, intesa come tendenza del processo a presentare risultati non prevedibili e può essere causata da:
- Cause comuni (variabilità naturale o normale) insite nel processo produttivo e che insorgono casualmente durante il normale svolgimento dello stesso.
- Cause speciali (variabilità specifica) che determinano una variabilità indesiderata o anomala rispetto il regolare svolgimento del processo.
Senza dilungarci troppo, l’obiettivo del controller è quello, di concerto con i vari responsabili, di rimuovere le cause speciali così da poter definire il processo sotto controllo statistico (rimarrebbero solo le cause comuni). Lo strumento utile a mantenere sotto controllo la variabilità comune è il controllo statistico di processo SPC. Il tutto finalizzato ad ottenere una percentuale di difettosità accettabile.
In realtà toyota sostiene che non abbia senso parlare di obiettivi in percentuali di difetti. Difatti l’unica percentuale di difettosità da accettare è appunto pari a zero. In buona sostanza i difetti non vanno tanto corretti, quanto prevenuti. Attenzione perché “zero difetti” non significa per forza di cose “zero errori” ma piuttosto non abbassare mai lo standard di riferimento con l’obiettivo ultimo quello di ottenere un processo, un prodotto o un servizio privo di non conformità.
Il jidoka rappresenta l’approccio lean allo “zero difetti”. Questo concetto può essere tradotto in un controllo autonomo, attivo e continuo nei processi con il fine ultimo di eliminare la difettosità. La differenza quindi fra l’approccio tradizionale basato sulle carte statistiche e il jidoka sta nel fatto che il primo accetta una percentuale di difettosità mentre il secondo la vuole a zero.
Con il jidoka ogni macchinario viene dotato di un sistema di autocontrollo; gli addetti saranno formati al bloccaggio del processo produttivo al primo segnale di una qualche condizione anomala, in modo che il problema sia intercettato prima che crei danni (pezzi difettosi immessi nella catena del valore) e che venga contestualmente risolto. Tutto ciò però, come anticipato, necessita di formazione da parte del personale diretto in modo che lo stesso sia in grado di accorgersi delle anomalie in tempo utile e, in alcuni casi, di poterle risolvere da solo.
Per realizzare il jidoka è necessario:
- Ridurre al minimo il lavoro manuale
- Ove possibile trasferire il lavoro manuale alle macchine o, se possibile, automatizzare completamente il processo
- L’uomo riserva a sé i passaggi più semplici quali avvio del macchinario che a sua volta si autocontrolla avvisando l’operatore in automatico di eventuali anomalie
Il jidoka tende in definitiva a far sì che la macchina si autocontrolli e che riesca a correggere le anomalie da sé, eliminando l’intervento umano.
Il controllo di gestione per differenziarsi dalla semplice analisi di bilancio, è necessario poggi le basi sugli interventi concreti lungo le linee produttive. Le logiche lean sono utilissime a questo fine, cioè a dire ad ottimizzare i costi di trasformazione riducendo scarti, rilavorazioni e perdite di tempo. L’efficienza passa da qui e garantire la continuità aziendale, come richiesto dall’articolo 2086 c.c. “assetti organizzativi adeguati”, è soprattutto questo. Noi ci rendiamo disponibili verso i professionisti tramite una nuova frontiera della formazione, per saperne di più clicca qui.